Che hanno in comune il cinema e la psicologia? Ve lo spieghiamo in questo nuovo articolo!
“Come mai a volte la nostra realtà ci appare ovvia e familiare e a volte strana e sconosciuta? […] La missione del cinema è quella di affrontare questa doppia natura del reale. Obbliga gli spettatori a porsi domande fondamentali sulla loro vita, la loro società, il loro mondo, ossia sull’uomo stesso.”
Queste sono le parole di Edgar Morin, autrice del libro “Sul cinema. Un’arte della complessità”, con le quali apre le danze per raccontare come il cinema, con i suoi dialoghi e i suoi personaggi, può plasmare la vita di una persona. Nelle sue ricerche ed indagini, Morin parla di “transfert cinematografico” come forma di relazione intersoggettiva al confine tra reale ed immaginario, ricerche confermate grazie agli studi nel campo delle neuroscienze sui neuroni specchio implicati durante l’esperienza estetica dell’audiovisivo.

Queste ricerche compiute da Patricia Pisters, Vittorio Gallese e Michele Guerra hanno dimostrato che esiste una spiegazione neurologica delle reazioni empatiche e comportamentali sollecitate dai processi della visione di un film. Riportiamo le loro parole: “Se viviamo in modo intenso con la mente, senza quindi viverli realmente, le vite, i sentimenti, i desideri e i timori dei nostri eroi cinematografici, ci possiamo identificare con questi elementi facendo della nostra partecipazione ad un film un altrettanto formidabile momento di comprensione degli altri.”
Tuttavia, affrontare la “psicologia sociale” attraverso i film non è cosa facile perché, da un lato, questi veicolano e riflettono usi e costumi di una società ma, dall’altro, propongono modelli e ideali di condotta che, spesso, si rivelano situazioni immaginarie.
Un altro tema che viene affrontato all’interno del saggio è quello, appunto, della vita immaginaria. Sogni e fantasie obbediscono a processi di proiezione, di identificazione, di transfert. È l’insieme di questi processi, le loro combinazioni innumerevoli, che vengono chiamati “complessi immaginari”, basandoci sul significato grammaticale della parola “complesso” (il tutto, in quanto costituito di più parti o elementi: un c. di persone, di cose, di circostanze] ≈ insieme, molteplicità, pluralità. ▲ Locuz. prep.: in (o nel) complesso ≈ complessivamente, globalmente, in generale, nell’insieme. – Fonte: Traccani), e non il significato datogli da Freud e poi divulgato nel mondo della psicanalisi (Sigmund Freud descrisse il complesso come un nucleo associativo di pulsioni istintuali e di rappresentazioni dell’inconscio che si strutturano in un insieme coerente. Il complesso più conosciuto, anche al di fuori della terminologia psicoanalitica, è il complesso di Edipo che il bambino sviluppa a partire dal desiderio sessuale verso il genitore di sesso opposto.).

Si parla anche di archetipi e stereotipi, due elementi che in psicologia sociale sono fondamentali.
Gli stereotipi sono intesi come un’idea semplicistica delle caratteristiche tipiche di una persona e si basano su una serie di teorie sostenute grazie alle ricerche fatte nel pensiero stereotipato. Una delle teorie relativa allo sviluppo del pensiero stereotipato afferma che le influenze infantili sono alcuni dei fattori più complessi nello sviluppo degli stereotipi. Altre credono che lo stereotipo sia acquisito in un uomo durante la sua infanzia e possa essere acquisito anche attraverso la genitorialità e l’eredità o dall’influenza di insegnanti, media e amici. Da qui è fondamentale notare che gli stereotipi sono abbastanza comuni nei media culturali come il dramma, il cinema e il teatro.
Secondo Jung, invece, gli archetipi possono essere modelli applicati alle personalità, al comportamento e alle persone. Jung credeva che l’idea di Archetypes fosse nell’inconscio collettivo delle persone. Ha principalmente identificato quattro Archetipi: il Sé, l’Ombra, l’Animus e la Persona.
Un ultimo tema che ci ha riportato alla psicanalisi è quello dell’eros e del thanatos, affrontato da Edgar Morin tramite “L’amante di Lady Chatterley” e la sua trasposizione cinematografica dal libro.
Secondo Freud, in ogni uomo operano essenzialmente due tipi di pulsioni:
- “pulsione di vita” (“Eros”), comprendente libido e pulsione di autoconservazione e
- “pulsione di morte” (“Thanatos”), che si manifesta in tendenze auto ed etero distruttive.
L’eterna lotta tra Eros e Thanatos costituisce la forma più profonda dell’ambivalenza, dell’angoscia e del senso di colpa nell’uomo, e questa lotta si vede benissimo nel romanzo di Lawrence e nel sul film, ma anche negli altri che vengono analizzati nel saggio quali: “Hiroshima, mon amour”, “Peccatori in blue jeans”, “Un Re a New York”, “Le notti di Cabiria”.
Qual è quel film/serie tv che avete visto e che avete sentito come vostro/a?