“L’arte di legare le persone”

Incontro con Paolo Milone per il GDL di Maggio

Il 26 Maggio si è svolta la discussione del Gdl del mese. Il libro che abbiamo letto è L’arte di legare le persone di Paolo Milone. In questo articolo cerchiamo un po’ di raccontarvi chi è Milone e com’è andato il nostro incontro con l’autore.

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Dopo aver avuto la possibilità di fare un incontro su Meet a Febbario con Daniele Mencarelli (clicca qui per rileggere com’è andata), anche questa volta, grazie all’aiuto di Giulia della casa editrice Einaudi Editore, abbiamo avuto l’onore di avere come nostro ospite lo stesso Milone. 

Ma chi è Paolo Milone?

Prima di tutto ci teniamo a sottolineare che non nasce scrittore, bensì psichiatra ed ha lavorato per circa 40 anni nei servizi di psichiatria d’urgenza. Ora che è in pensione ha raccolto in un libro alcune sue riflessioni e appunti grazie ai quali ci ha permesso di entrare con lui nel “reparto 77” di un ospedale di Genova e di conoscere i suoi pazienti.

Dire che eravamo emozionate è un eufemismo! Nei giorni precedenti alla discussione abbiamo raccolto le domande e le curiosità dei nostri psicolettori che, come ogni volta, sono stati super partecipi ed entusiasti. Le domande sono state molto interessanti perché si riferivano sia al libro che alla professione di psichiatra, per allargarsi poi alla letteratura e al confronto con la psicologia e la psicoterapia. 

Una lettrice, in seguito all’incontro, ci ha detto che ha assolutamente cambiato idea sul mondo degli psichiatri. Ci ha confessato che li ha sempre immaginati “matti” più dei pazienti. Di base, uno non sa mai bene cosa aspettarsi quando si parla di psichiatria, ma le stereotipie e i taboo sono davvero ancora tanti.

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Ci siamo soffermati un po’ proprio su questo argomento con Paolo Milone, e ci teniamo a riportarvi le sue parole sulla malattia mentale: “Nel mio libro prendo una cosa familiare e una non familiare e le rendo simili. Cerco di far capire la consapevolezza del disturbo per uscire dalle retoriche e fai concetti vuoti di follia, malattia mentale e normalità. Bisogna capire come fare, noi ci viviamo in mezzo e non dobbiamo chiudere gli occhi. Dopotutto, tutti abbiamo qualche pasticcetto, bisogna accettarlo senza fare tanti discorsi. Dobbiamo essere più concreti.”

La diagnosi, quella “cosa” che fa paura

Si è parlato tanto di diagnosi, di cosa un paziente si aspetta, di quello che un medico fa per lui – e per se stesso. Non sono stati argomento facili, ma la naturalezza dello scrittore-psichiatra ha reso tutto comprensibile anche a chi non è del mestiere.

Una parte del libro che ha messo tutti d’accordo è stata quella relativa al suicidio. Non è facile raccontare cosa vuol dire avere a che fare con una persona che entra in reparto e che, magari, ha già avuto, più d’un una volta, comportamenti suicidari e non sai bene neanche te, te professionista, se quella persona vuole essere salvata o solo ascoltata. È quello che succede tra Milone e Lucrezia, una giovane paziente che, purtroppo, lascia i racconti troppo presto. 

Lucrezia c’è, è presente nel libro, è presente nei ricordi di Milone e nel suo senso di colpa, perché “è più facile far parlare il senso di colpa, a volte, che il personaggio stesso.” Ed è qui che è arrivato un consiglio per noi davvero prezioso, per tutti noi che facciamo questa professione (ma, se apriamo la mente, anche per chi non la fa) ed è il seguente: “Siete professionisti giovani, fate ancora vivere il senso di colpa nel vostro lavoro, perché solo vivendolo imparerete a lasciarlo andare.”

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Un altro punto forte dell’incontro sono state sicuramente le letture fatte dallo stesso Milone che ci hanno permesso di immergerci ancora di più nel suo mondo e di capire ancora meglio come si è sentito durante i suoi anni di lavoro. Essendo un libro particolare – Milone ha proprio ripreso i mano i suoi appunti e le sue cartelle cliniche e ha rimesso per iscritto i suoi pensieri post colloqui, i suoi stati d’animo e le sue emozioni, le sue nottate in bianco e la “pazienza di mia moglie” – ascoltarlo leggere determinati pezzi è stato interessante e ha cambiato anche il senso del per alcuni di noi.

Infine, ma non per questo meno importante, si è parlato del titolo e di cosa vuol dire legare le persone. Anche questa volta vi riportiamo le sue parole: “Legare le persone in reparto è solo lo 0,5% del mestiere. In reparto c’è tant altro. Ci sono i colleghi a cui passi i pazienti con cui non riesci a lavorare (personalmente sono stati sempre i pazienti con i disturbi alimentari), ci sono colloqui da affrontare, diagnosi da elaborare che vorresti non leggere, ma soprattutto in reparto si parla tanto. Con il paziente si parla perché siamo umani, noi professionisti per primi.” 

Ci siamo salutati augurandoci di vederci di persona un giorno e uscendo da questo incontro tutti più arricchiti. Noi ci teniamo a ringraziarvi anche qui per la fiducia che ogni volta ci date.

Ci si legge a Giugno!

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